Tolstoj: L'educazione è violenza

L’educazione, quale intervento sull’altro per renderlo in qualche modo simile a sé, è per Tolstoj un atto intrinsecamente violento. Da essa bisogna distinguere la formazione culturale, che si realizza in un rapporto libero e paritario tra un soggetto che insegna ed uno che impara. 

L’educazione è l’intervento di un individuo su un altro al fine di obbligarlo a fare proprie determinate abitudini morali. (Diciamo: ne hanno fatto un ipocrita, un delinquente, una persona per bene. Gli spartani allevavano uomini coraggiosi. I francesi educano un tipo di personalità unilaterale e compiaciuta di se stessa). L’insegnamento è la trasmissione delle conoscenze di un individuo ad un altro (si può insegnare il gioco degli scacchi, la storia, il mestiere del calzolaio). Il tirocinio è una sfumatura del concetto d’insegnamento: l’intervento di un individuo su un altro allo scopo di portarlo ad impadronirsi di determinate abilità fisiche (insegnare a cantare, a lavorare il legno, a danzare, a remare, a ripetere a memoria). L’insegnamento e il tirocinio sono strumenti della formazione culturale, quando siano liberi; sono invece strumenti dell’educazione quando lo studio è imposto e l’insegnamento esclusivo, quando cioè si insegna solo ciò che l’insegnante reputi necessario. La verità è chiara ed ognuno istintivamente la vede. Per quanto ci sforziamo di fondere ciò che è diviso e di dividere ciò che è indivisibile, di sottomettere il pensiero allo stato attuale delle cose, la verità resta evidente. 
L’educazione è l’azione coercitiva, unilaterale, esercitata da un individuo su un altro individuo; mentre la formazione culturale implica un rapporto libero tra le persone; questo rapporto si basa sull’esigenza di acquisire delle conoscenze nuove, da una parte, e di comunicare le conoscenze già acquisite, dall’altra. L’insegnamento, Unterricht, costituisce lo strumento sia della formazione culturale, che dell’educazione. La differenza tra il concetto di educazione e il concetto di formazione culturale risiede solo nell’imposizione, che l’educazione si crede in diritto di esercitare. L’educazione è la formazione imposta. La formazione culturale è libera. 
Il concetto di educazione, l’éducation francese, l’education inglese, la Erziehung tedesca esistono in Europa, il concetto di formazione culturale, invece, esiste solo in Russia e in parte in Germania, dove troviamo un termine quasi corrispondente a quello russo, Bildung. In Francia e in Inghilterra un simile concetto e una simile parola praticamente non esistono. La civilisation è l’incivilimento; instruction esprime un concetto esclusivamente europeo, intraducibile in russo, che sta ad indicare il patrimonio delle conoscenze scolastico-scientifiche oppure la trasmissione delle stesse a qualcun altro; ma non si tratta mai del concetto di cultura che è l’insieme delle conoscenze scientifiche, delle capacità e dello sviluppo fisico individuali. 
Ho già parlato nel primo numero di “Jasnaja Poljana“ del diritto d’imporre un determinato tipo di cultura e mi sono sforzato di dimostrare che, in primo luogo, in questo campo l’imposizione è impossibile, in secondo luogo, che non porta a nessun risultato, o al massimo ad un risultato negativo, in terzo luogo, che può eventualmente essere basata solo sull’arbitrio (i circassi imparano a rubare, i maomettani imparano a uccidere gli infedeli). L’educazione, in quanto disciplina scientifica, non esiste. L’educazione è l’aspirazione al dispotismo morale elevata a principio. Non voglio dire che l’educazione sia l’espressione degli aspetti negativi della natura umana, ma è un fenomeno di involuzione del pensiero e, in quanto tale, non può essere posta a fondamento di una attività razionale quale la scienza. 
L’educazione è la tendenza di una persona a plasmarne un’altra a sua immagine. (L’aspirazione del povero a togliere al ricco le sue ricchezze, il senso di invidia di un vecchio di fronte alla freschezza e al vigore giovanili, il senso di invidia eretto a principio e a teoria). Sono convinto che un educatore si dedica al suo compito con passione tanto maggiore quanto più la sua dedizione si basa su un sentimento di invidia per la purezza del bambino e sul desiderio di renderlo simile a sé, cioè di riuscire a corromperne la freschezza infantile. 

(L. Tolstoj, Quale scuola?, tr. it., Emme Edizioni, Milano 1975, pp. 77-79.)

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