Sviluppi del marxismo pedagogico italiano

[Bruno Ciari]

Dopo la fine del fascismo l’insegnamento di Gramsci ha influenzato in modo determinante tanto la politica culturale e scolastica del Partito Comunista quanto l’azione degli intellettuali e dei pedagogisti. Le linee di fondo della riflessione e dell’impegno di educatori e pedagogisti marxisti sono le seguenti: lo smascheramento del carattere ideologico della scuola borghese; l’affermazione del principio della laicità della scuola e dell’educazione; il superamento della distinzione gerarchica tra cultura intellettuale e cultura manuale; la lotta contro l’analfabetismo ed il lavoro per un’educazione popolare. 
In quest’ultimo campo si è distinto in modo particolare (pun non essendo marxista in senso stretto) il Movimento di Cooperazione Educativa, nato nel 1951 ed ispirato alle idee ed al metodo di Célestin Freinet. Tra i principali promotori del movimento si distingue in particolare Bruno Ciari (1923-1970), maestro a Certaldo e poi direttore delle attività parascolastiche ed educative del comune di Bologna. La scuola, scriveva Ciari ne La grande disadattata (1973), caratterizza come disadattati i ragazzini che non riescono ad adeguarsi alle sue regole ed ai suoi ritmi, mentre in realtà è essa stessa ad essere disadattata: dovrebbe offrire ai bambini possibilità di esperienza e di espressione ricchissime, e invece non sa offrire nulla più che una “vita da banco”. Si chiede: “fuori della costrizione, dell’ansiosa aspettativa familiare, della lusinga del voto-premio e della bravitudine, chi tra i fanciulli andrebbe a scuola volontariamente?”. Per superare le differenze tra studenti borghesi e studenti provenienti da famiglie popolari, Ciari invoca, come già aveva fatto don Milani, il tempo pieno, ma soprattutto propone il passaggio da una pedagogia della selezione ad una pedagogia della valorizzazione, cosa che è possibile solo se i maestri si impegnano per conoscere a fondo il bambino, la sua personalità, il suo ambiente e la sua cultura. 
Vicino al Movimento di Cooperazione Educativa è stato anche Mario Lodi (1922-2014), maestro elementare ed animatore della Biblioteca Popolare della Cooperativa di Consumo di Piadena, che promuove attività di indagine e di documentazione sociale i cui risultati vengono stampati in proprio e raccolti nei Quaderni di Piadena. Nel libro Il paese sbagliato (1970) Lodi riferisce le piccole ma decisive innovazioni introdotte nella sua pratica didattica per mutare dall’interno la scuola italiana, malata di autoritarismo, introducendo la creatività e la fantasia. Ciò che la scuola afferma in linea di principio - l’importanza della libertà, ad esempio - lo nega poi di fatto con la sua struttura oppressiva. Di fatto, in una società capitalistica la scuola non è fatta per formare uomini liberi. “Da noi il sistema è fondato sul principio considerato sacro della proprietà e dell’iniziativa privata, la quale ha come unica motivazione il profitto e come conseguenza la competizione. Chi comanda ha modellato la scuola a immagine e somiglianza del sistema: il profitto lo troviamo nella pagella espresso in voti.” Il voto costituisce il principale strumento nelle mani del maestro per costringere i bambini a fare ciò che mai farebbero sponraneamente. Il bambino vive a scuola la stessa alienazione che vive l’operaio nella grande fabbrica. 
Espressione delle posizioni comuniste in tema di scuola ed educazione, ma anche e soprattutto strumento per il dibattito interno, fu la rivista Riforma della Scuola, fondata da Lucio Lombardo Radice (1916-1982) e Dina Bertoni Jovine (1898- 1970) nel 1955. Il primo, grande matematico ed animatore di diverse iniziative pedagogiche, avvertiva soprattutto la necessità di una formazione scientifica e razionale, di cui sottolineava il valore politico e progressivo. Come scrive in Educazione e rivoluzione (1976), “chi è rivoluzionario della mente è, almeno potenzialmente, un rivoluzionario senz’altro, in tutti i campi”. Il compito della scuola è quello di favorire questa “rivoluzione della mente” che precede e fonda quella politica. Dina Bertoni Jovine è autrice di ricerche sulla storia della scuola e dell’educazione popolare in Italia (Storia della scuola popolare, 1954; Storia della scuola dal 1970 ai giorni nostri, 1958). Chiarendo il rapporto tra scuola e società, Bertoni Jovine ha affermato l’insufficienza tanto della prospettiva cattolica, che pone la formazione della persona prima della società, quanto della soluzione laica e deweyana (rappresentata in Italia da Lamberto Borghi), per la quale è sufficiente, per edificare una società democratica, creare a scuola un ambiente democratico. Ciò non è sufficiente, invece, poiché appena escono dalla scuola, i ragazzi imparano che nella società non contano i valori imparati a scuola, “ma la furberia, la simulazione, la mancanza di scrupoli”. La comunità scolastica deve allora inserirsi nel vivo della lotta sociale, favorendo le tendenze progressiste e criticando e combattendo quelle regressive.

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